A UN’ AMICA CHE RIPRENDE A NAVIGARE
Nave e barca si scostarono. La brezza notturna, umida e fredda, soffiò di mezzo, un gabbiano passò stridendo, e i due scafi rollarono paurosamente. Lanciammo tre urrà col cuore pesante, e ci tuffammo alla cieca, come il destino, in quell’Atlantico selvaggio.
MELVILLE – MOBY DICK
Lo so, é molto poco ed é forse anche banale, ma é il piccolo luogo dove vivo e forse non é neanche così bello come credo ma é mio e anche se alle volte mi fa tanto ma tanto amareggiare ecco io lo amo si decisamente e che nessuno, davvero nessuno osi dirne male.
gialloesse fotografia
DIPPOLD L’OTTICO
Che cosa vedete adesso ?
Globi di rosso, giallo, porpora.
Un momento ! E adesso ?
Mio padre, mia madre e le mie sorelle
Si. E adesso ?
Cavalieri in armi, belle donne, visi gentili.
Provate questa.
Un campo di grano – una città.
Benissimo ! E adesso ?
Una donna giovane e angeli chini su di lei.
Una lente più forte ! E adesso ?
Molte donne dagli occhi vivi e labbra schiuse.
Provate queste.
Soltanto un bicchiere sul tavolo.
Oh, capisco ! Provate questa lente !
Soltanto uno spazio vuoto, non vedo nulla in particolare.
Bene, adesso !
Pini, un lago, un cielo d’estate.
Questa va meglio. E adesso ?
Un libro.
Leggetemi una pagina.
Non posso. Gli occhi mi sfuggono al di là della pagina.
Provate questa lente.
Abissi d’aria.
Ottima ! E adesso ?
Luce, soltanto luce che trasforma il mondo in un giocattolo.
Benissimo, faremo gli occhiali così.
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… la nostra ragione non può assolutamente trovare il vero se non dubitando ;
ella si allontana dal vero ogni volta che giudica con certezza ; e non solo il dubbio
giova a scoprire il vero, ma il vero consiste essenzialmente nel dubbio, e chi dubita
sa, e sa il più che si possa sapere.
(G, Leopardi)
gialloesse fotografia
Fotografare significa, nello stesso istante e in una frazione di secondo,
riconoscere un fatto e l’organizzazione rigorosa delle forme visualmente percepite
che esprimono e significano questo fatto.
Vuol dire mettere sulla stessa linea di mira la mente, l’occhio e il cuore.
(H.C.B.)
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HAIKU
nello haiku non è soltanto l’avvenimento propriamente detto che prevale,
ma è anche ciò che a noi evocherebbe una scena dipinta o meglio una evidenza assoluta,
una piega leggera con cui viene pinzata con un gesto veloce, la pagina della vita,
la seta del linguaggio
foto gialloesse
foto gialloesse
Sono stato un giorno in ospedale per degli esami (sciocchezze ). Chiaccheravo con un medico ed abbiamo fatto i nomi di alcuni direttori sanitari ed amministrativi che si sono succeduti alla responsabilità di quel moderno nosocomio. In linea di massima eravamo daccordo sul fatto che tutti ( 6 ) erano stati onesti ed avevano fatto bene. Ecco, io ho fatto il reporter per 35 brevissimi anni, ho girato il mondo ed ho frequentato quanto di più brutto, sconvolgente, cattivo, penoso e disonesto esiste su questo pianeta. Questo perchè, ovviamente, solo il male fa notizia: lo sanno tutti. Tornando a casa però mi è venuto in testa un pensiero, e cioè che se faccio il conto di tutte la persone con le quali per tanti motivi ho avuto a che fare, ebbene le persone belle, pure di cuore e stimabili sono di più, tante di più. Mi ha riempito il cuore questo pensiero, credo sia una certezza molto bella e da condividere.
foto gialloesse
…. A cosa serve fotografare ciò che è davanti ai nostri occhi, riprodurre quello che già vediamo,
che tutti possono vedere ?
L’immagine è infinita e misteriosa e la fotografia ha il compito di svelarla….
Biglietto natalizio a Giulio
Non ti scrivo per quello. Capisco
bene come succede. Anch’io ti scrivo
solo oggi gli auguri del caso.
Non ti chiedo perché non hai risposto
ancora alle mie lettere. Lo so
come succede: si rimanda, si
rimanda indefinitamente
e, prima ancora che per sé,
si muore negli altri.
(Daria Menicanti)
La pioggia sul parabrezza – foto gialloesse
In questo week-end
ho dormicchiato
ammazzato formiche nel bagno
passeggiato per Roma
letto “ Meno zero “ di Ellis
scritto qualche poesia
lavato per terra
dipinto un grande quadro
ascoltato sotto una coperta rossa
la pioggia cadere e cadere e cadere
(GIANCARLO TRAMUTOLI)
Cosa vogliono le donne, Kim Addonizio
Voglio un vestito rosso.
Lo voglio leggero e a buon mercato,
voglio che sia troppo stretto, lo voglio portare
finché qualcuno non me lo strappi di dosso.
Lo voglio sbracciato e scollato,
quel vestito, così nessuno dovrà immaginarsi
cosa c’è sotto. Voglio andarci per strada
passare davanti al discount e alla ferramenta
con tutte quelle chiavi che brillano in vetrina,
davanti al caffè dei signori Wang coi bomboloni
del giorno prima, davanti ai fratelli Guerra
che buttano i maiali dal camion sul muletto,
issandosi in spalla quei lucidi grugni.
Voglio andare in giro come fossi l’unica
donna al mondo a caccia di una preda.
Lo voglio davvero quel vestito.
Lo voglio per confermare
i tuoi peggiori sospetti su di me,
per farti vedere quanto poco ci tengo a te
o par farti vedere tutto, tranne quello che voglio.
Appena lo trovo, lo tiro giù
dalla gruccia perché cerco un corpo
che mi porti nel mondo, in mezzo
alle urla del parto e a quelle dell’amore,
e lo indosserò come ossa, come pelle,
sarà lo stramaledetto
vestito dentro cui mi seppelliranno.
<< lontano, un rimorchiatore ha fischiato; il suo appello ha passato il ponte,
ancora un’arcata, un’altra, la chiusa, un altro ponte, lontano, più lontano…
Chiamava a se tutti i barconi del fiume, tutti, e la città intera, e il cielo e le campagne,
e noi e tutto trascinava, anche la Senna, tutto, e che non se ne parli più.>>
Da “Viaggio al termine della notte” di L. F. Celine, ultimo paragrafo.
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Il mio melograno è un alberello ancora piccolo. Sta in un grande vaso nella piccola terrazza esposta a nord. Temo che prenderà troppo freddo questo inverno: dovrà subire la tramontana. Ma non posso spostarlo, mi dicono che non si può perché le piante devono abituarsi al posto in cui vivono. E’ lì dal mese di Maggio, da quando in televisione un agronomo che teneva una rubrica sulle piante da tenere in casa me ne fece omaggio.
–“ lo trapianti in autunno mi disse, in un vaso più grande “ – . Tornando a casa mi fermai da un vivaista per comprare due sacchetti di terra e arrivato lo piantai subito. Gli davo un bicchiere di acqua al giorno insieme a tanto amore. Cresceva sicuro e in salute. Sopportava il sole spietato del sud ,i giorni di terribile afa, la calda umidità che arrivava anche all’ottanta / novanta per cento ed i giorni di temperatura intorno ai quaranta gradi. E cresceva a vista d’occhio. Io lo guardavo ogni giorno, gli sorridevo e lo incoraggiavo. Una volta mi sono seduto accanto a lui a leggere Celine e dopo un poco mi sono accorto che con il suo ramo più lungo, rivolto nella direzione nella quale mi trovavo, lui mi accarezzava, mi toccava la spalla sinistra e il collo nudo, eravamo in piena calda estate. Quasi certamente aveva chiesto l’aiuto del vento per farlo, loro si parlano, lo sanno tutti. E un giorno ha fatto un incantesimo, mi ha regalato un fiore, uno solo, di un rosso vermiglio stupendo. Lo tengo sulla scrivania accanto la tastiera del computer.
Ora è arrivato l’autunno, con la prima pioggia e un venticello fresco che vorticando sembra promettere che tornerà più forte e deciso. Le foglie del mio melograno sono diventate di un verde più scuro e cupo. Un colore intenso e meno tenero di prima. Ecco, forse si prepara a fronteggiare il nemico gelo. Io gli voglio bene e gli starò vicino. Affronterò con lui il lungo inverno e il vento rabbioso e gelido che arriverà scavalcando il vulcano. Ce la faremo, sono certo.
Io ho un amico prezioso che fa il fotoreporter, è molto bravo, lavora in giro per il mondo e ogni tanto mi regala qualche CD rom colmo di foto sue. Così poc’anzi cercavo una foto da mettere nel desktop del PC che ho dovuto sistemare e, stanco di proporre mie immagini, ho cercato nella sua cartella. Tra paesaggi esotici, attrici bellissime politici grassi e guerrieri minacciosi, è apparsa questa immagine e mi sono venute la lacrime agli occhi. Si, penso che per un po’ la vedrò apparire ogni volta che accenderò il PC.
Questa è una foto casualmente trovata navigando per il vasto oceano elettronico. Non sò nemmeno di chi sia, ma non si tratta di una foto qualunque e credo pertanto che vada riconosciuta al suo autore una riflessione sul significato di questa immagine.
Qualcuno è andato via. Anche se non necessariamente per un fatto tragico, qualcuno non c’è più.Si intravvede un altro ambiente infondo a sinistra tra le magnifiche ringhiere in ferro battuto della scala, e anche questo sembra vuoto, non frequentato. Quì davanti invece spicca la massa della tenda bianca come una vela gonfiata dal vento che una porta finestra lascia libero di entrare. Sembra una vela e come tale sottolinea il movimento, ma è proprio questo dinamismo a evidenziare l’immobilità di una assenza. L’ambiente è pulito, lindo elegante e queste sue qualità urlano che è vuoto per una mancanza improvvisa. L’inquadratura è leggermente inclinata a destra e questo dettaglio aggiunge un che di inquietante alla scena. Ma è il particolare dello specchio posto davanti a noi,all’altezza di chi guarda, ad imprimere il significato più profondo. E’ posto al centro ottico della inquadratura per essere evidenziato. Anch’esso è fuori asse, ma la sua inclinazione è adesso drammatica. E’ il punto centrale della raffigurazione ed è fuori dalla verticale, tutto pertanto in quella casa è fuori asse. Uno specchio non è un oggetto qualunque, esiste per mostrare, e questo mostra il vuoto, il nulla abitato, un nulla drammaticamente vissuto.
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